The Black Rose, aka L'ospite 2.0

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Nevermore.
CAT_IMG Posted on 23/4/2012, 23:19




allora... rieccomi. No, mettete giù i fucili, per favore. Non fatemi del male, sono una bambina buona e gentile, me lo dicono sempre tutti, anche la signora dell'est (non so se è Polacca o Ucraina o anche Rumena, per cui la chiamo la Badante dell'Est nella mia testa) che si occupa della signora Bianca che abita al quarto piano me lo dice sempre, quando le tengo aperto il portone mentre combatte con i sacchi dell'immondizia. E anche il nuovo inquilino del primo piano. Per cui, non ammazzatemi prima ancora di cominciare XD
vi mancherei, lo so.
Per cui, finiamo il preambolo e dedichiamoci alla nuova-vecchia storia.
Taaanto tempo fa (ohibò, ormai cinque anni!) mi venne l'insana idea di scrivere una fanfiction introducendo in quel di Forks quello che era un mio vecchio personaggio in un gioco di ruolo. Nacque così L'ospite. Anche il titolo fu una cosa dibattuta ('ospite' perché Laguna è ospite dei Cullen? 'Ospite' per il demone che ospita? Bho! Ai posteri l'ardua sentenza).
Meno tempo fa, ebbi la geniale idea di chiedere una recensione per la mia adorata boiata. Vavi, santa martire, si sciroppò tutta d'un botto la storia, esprimendo il suo parere (che trovate in Taverna, se ne avete voglia), facendomi notare i punti deboli di una storia scritta con una certa fretta e voglia di compiacere il pubblico, ricordandomi, senza però dirlo, che la storia deve prima compiacere l'autore, e che il pubblico può anche non necessariamente apprezzare.
Per cui, ho deciso di riscriverla.
Sostanzialmente, i fatti principali sono quelli, per cui niente di nuovo sotto il sole. Ma qualche novità ce la mettiamo, sennò che sfizio c'è?

Quindi, allacciate le cinture.
La Rosa Nera ritorna.


ATTENZIONE: che abbiate o meno letto la prima versione non importa. Tenete conto però che questa storia qui segue direttamente The Truth Beneath the Rose (in questa stessa sezione), per cui, anche se quella non è finita, do per scontato che si conoscano tutti i fatti. Ci tengo a precisarlo.


Al Boss, che si depila la lingua.
E non lo stomaco.
Danke.



The Black Rose

1 Before I'm dead

Epochs fly, reminds me
What I hide, reminds me
The desert skies
Cracks the spies
Reminds me what I never tried
The ocean wide salted red
Reminds me what to do before I’m...
To see you
To touch you
To feel you
To tell you...
(Kidney Thieves – Before I’m dead)



La pioggia era una costante della non poi tanto ridente, a questo punto, cittadina di Forks. E dire che lei lo sapeva! Con tutte le e-mail che i ragazzi le avevano mandato a tal proposito, qualcosa in quella sua testaccia dura sarebbe dovuto entrare. Ma si era dimenticata (cosa non facile, per lei, dimenticare qualcosa) del piccolo dettaglio climatico dell’ultimo indirizzo conosciuto dei Cullen, come sempre, del resto. Aveva registrato vagamente i cambi di indirizzo, nell’ultima decina d’anni, senza realmente prestarvi troppa attenzione: a che serviva? Tanto, nemmeno sarebbe andata a trovarli. Nemmeno avrebbe avuto il tempo di farlo. Nemmeno avrebbe avuto il coraggio di rivederli.
Di rivedere Edward.
Ma, adesso, quel tempo aveva per forza dovuto trovarlo. Non poteva non trovarlo.
Si strinse meglio il vecchio mantello scuro mentre correva tra la fitta vegetazione che circondava la cittadina, diretta all’ultimo indirizzo che Carlisle le aveva fornito insieme alle solite dettagliate spiegazioni per raggiungerlo. E, infatti, in poco tempo, eccola nei pressi dell’enorme villa bianca. Rallentò quando fu abbastanza vicina, abbastanza da essere intercettata da un ragazzotto che puzzava di cane bagnato.
Oh Cristo, non dirmi che si son presi i cani da guardia!, pensò, fermandosi a qualche metro da lui.
“Chi sei?” quasi ruggì il ragazzo, con aria che voleva essere minacciosa. Per tutta risposta, lei sospirò.
“Potresti essere tanto gentile da chiamare qualcuno dei Cullen, per favore?” chiese, senza rispondere alla domanda del ragazzo.
“Ti ho chiesto chi sei!” insisté il ragazzo, senza muoversi di un centimetro, ma, anzi, insistendo con l’aria minacciosa e cominciando a tremare.
“Senti, ragazzino, ho chiesto per favore, e non è una cosa che faccio spesso...”
“Sei una di loro?” ruggì lui, interrompendola.
“Di...chi?” chiese lei, stupendosi che, nel frattempo, nessuno fosse ancora uscito di casa a vedere cosa diamine stesse succendendo. Sentiva l’odore di quasi tutti loro, e anche qualcuno nuovo e... era un cuore, quello?
“Quei dannati avvoltoi italiani, ecco chi!” sbottò il ragazzo.
Avvoltoi italiani? Ah, certo..., rifletté lei, abbassando il cappuccio del mantello scuro, mentre la pioggia diminuiva, limitandosi ora a qualche goccia sparsa.
“Ragazzino, direi che c’è un equivoco...”
“Jacob, rilassati. Lei è dei nostri.” Intervenne la voce di Emmett, che si stava avvicinando.
“Ma... è vestita come loro!” protestò Jacob, che sembrava non aver intenzione di calmarsi, ancora convinto di avere davanti qualche altro tirapiedi dei Volturi.
“Questo perché faccio parte della Guardia, ragazzino.” Rispose lei, con tono condiscendente, senza spostarsi da dove si era fermata prima. Jacob si voltò verso di lei e poi di nuovo verso Emmett, come per dirgli ‘hai visto?
Emmett ridacchiò. “Calmati, lupastro. Te l’ho detto, è dei nostri.” Poi, si voltò verso di lei. “Certo, però, che potevi anche venire in borghese, eh, Laguna?”
“Pft! Dettagli.” Ribatté Laguna, con un’alzata di spalle.
“Aspetta, aspetta, aspetta! Vorresti dire che... lei è... lei?” chiese Jacob, spalancando gli occhi per lo stupore. Negli ultimi giorni, all’incirca una decina, dopo una visione non meglio identificata di Alice – o, per lo meno, non meglio identificata per loro, ma ben nota alla nanerottola pestifera e a Edward – in casa non si parlava di altri che di lei. Soprattutto a beneficio di Jacob, Bella e Renesmee, gli unici a non conoscerla. Ognuno dei Cullen aveva una particolare serie di storie e aneddoti da raccontare su di lei, da quelle buffe a quelle degne di un horror. Quello che Jacob aveva, in sostanza, afferrato su di lei, su Laguna, era che era più vecchia di Carlisle – il che era già tutto dire – e aveva non una, ma due abilità extra. Se si fosse trattato di un gioco di ruolo, lei sarebbe stato il classico Power Player. Peccato, però, che nessuno avesse accennato al piccolo dettaglio che la vecchia zia, come la chiamava spesso Emmett, facesse parte della Guardia e che, quindi, non importava quanto giurasse e spergiurasse Emmett in quel momento, per Jacob Laguna puzzava di guai.
“Ragazzino, a rigor di logica io sono io, Emmett è Emmett e tu sei tu. E il Papa sta a Roma, a parte un periodo ad Avignone, ma questo non c’entra. Poi, non so che cavolate ti abbiano raccontato. Comunque, se non vi dispiace, gradirei levarmi dalla pioggia.” Ribatté Laguna, seccata, avviandosi verso la casa, superando Jacob, ancora a bocca spalancata per la rivelazione di Emmett, e lo stesso Emmett. “Sempre se sono una presenza gradita, ovvio.” Aggiunse, voltandosi verso di loro.
“Magdalena Eva Elizabeth Blake, chi diamine ti mette queste idee in testa? Certo che sei una presenza gradita!” alla voce di Esme, Laguna si voltò di nuovo verso la casa, trovando sul portico Alice, Rosalie, Jasper ed Esme, che era davanti a tutti, con le mani sui fianchi e l’aria severa di chi sta pensando a un grandioso rimprovero.
“Se mi scateni contro il cane da guardia, Es, per forza devo pensare che non mi si voglia.” Ribatté, raggiungendo la casa, e prendendosi uno scappellotto da Esme. “Ouch! Ehi, donna, guarda che, per questo, potresti finire nei guai, sai? È aggressione ad un ufficiale!” rise, schivando un secondo colpo.
“E così sei un ufficiale, quando ti fa comodo?” continuò Esme, sforzandosi di non ridere mentre cercava, ora invano, di darle un altro scappellotto.
“Se devo difendermi da te, Cristo sì!” ribatté Laguna, cercando il modo di difendersi dall’attacco scherzoso di Esme, solo per poi venir colta di sorpresa da Alice, alle sue spalle, che sghignazzava impunemente. “Due contro uno non vale!”
“Sei. Cattiva.” La riprese Alice, sottolineando ogni parola con una ben piazzata stilettata dell’indice contro lo sterno di Laguna. Aveva smesso di sghignazzare – cosa che forse aveva fatto solo per l’essere riuscita a cogliere di sopresa la vampira – e ora la guardava seria e imbronciata. Laguna sospirò.
“Per quale motivo, adesso, sarei cattiva? Bada che ho un paio di idee...” chiese Laguna, pur sapendo che, probabilmente, Alice la reputava cattiva per i lunghi anni di silenzio.
“Ti ho personalmente spedito un invito per il matrimonio di Edward, e non ci sei venuta!” esclamò la piccola vampira, incrociando le braccia sul petto.
“Aspetta, aspetta, aspetta! Frena, Alice! A me non è arrivato nessun invito.” Laguna scosse la testa, riflettendo sulla posta arrivatale nei mesi – o anche anni – precedenti. Nessun invito per nessun matrimonio. “Altrimenti, sai che avrei portato un frullatore con uno splendido fiocco rosa.” Scherzò. La battuta scatenò le risate di Emmett, che nel frattempo aveva raggiunto il gruppo, e Jasper, e un sogghigno poco elegante di Rosalie, riuscendo anche a far migliorare l’umore di Alice. “Dove lo hai spedito? Può essere che ero fuori...”
“A tutti i tuoi indirizzi. Volterra inclusa. Anche a Cory e Derek non deve essere arrivato, dato che non ho avuto nessuna risposta nemmeno da loro...” rispose Alice, perplessa. Possibile che il servizio postale in Europa facesse davvero tanta pena?
Laguna sospirò. “Se l’hai mandato anche a Volterra, nessuno mi ha detto che c’era posta per me. Evidentemente, hanno trattenuto anche quello di mia sorella.” Scosse la testa. “Quando sarò di nuovo lì, dovrò fare una bella chiacchierata con Mario...”
“E adesso chi è Mario? Ti prego, dimmi che è il tuo amante! Già lo immagino: magari fa l’idraulico, e ha un bel paio di baffi!” si inserì Emmett. Di nuovo, tutti risero.
“Già, e magari ha anche un fratello che si chiama Luigi e un’ossessione per i funghi.” Ribatté Laguna. “No, Mario fa parte del personale. Si occupa della posta, sai, pagamento bollette, ritiro multe per eccesso di velocità, consegna inviti di matrimonio dei parenti... cose del genere. Oh, e ogni tanto Derek si approfitta della sua gentilezza e lo manda in tintoria.” Aggiunse, ricordando quante volte suo cognato aveva terrorizzato il povero impiegato per costringerlo a fare quel che voleva. Sfortunatamente, il povero Mario non sapeva che le minacce di Derek erano aria fritta.
“E hai anche ignorato le mie e-mail, sms, telefonate...” continuò Alice, riprendendosi.
“Ero fuori, Alice. Molto probabilmente non ho avuto il tempo di controllare...”
“Per quasi dieci anni?” la interruppe.
Laguna sospirò. “Possiamo riparlarne un’altra volta, per favore?”
“Dopo che mi avrai lasciato ispezionare i tuoi bagagli. E prego che tu non abbia ancora quell’orribile serie di magliette dei concerti dei Metallica, e soprattutto quella orrenda dei Megadeth con i bambini appesi alle corde da bucato...” Alice si sporse oltre la spalla di Laguna, verso il punto in cui la vampira era stata intercettata da Jacob, alla ricerca di valige, bauli, o almeno uno zaino. “Ehm, Lagu? Dove sono i tuoi bagagli? Perché hai dei bagagli, vero?”
“Certo. Sono in albergo.” Rispose lei, serafica, con un’alzata di spalle.
Nel frattempo, anche Jacob, che per tutto il tempo era rimasto in disparte ad osservare la scena, raggiunse il portico. Il ragazzo continuava ad essere poco convinto dalla nuova arrivata. Per lui, quel mantello nero, nonostante tutto, significava solo guai. Per cui, continuava a guardarla corrucciato, aspettandosi che, da un momento all’altro, li attaccasse. Come potevano essere tutti così allegri e sorridenti, ridere e scherzare, dopo che i suoi compari con le stesse mantelle nere stavano per ammazzare tutti, appena qualche mese prima? E Alice l’aveva anche invitata al matrimonio, prendendosi la briga di spedire più inviti a più indirizzi per essere sicura di trovarla? Quei Cullen erano tutti pazzi.
“Che vuol dire in albergo?” chiese Rosalie, sgranando gli occhi.
“Rose, tesoro, non mi sei mai sembrata aderire allo stereotipo dell’oca bionda scema, perché cominciare adesso? Ho preso una stanza in un albergo, a Port Angeles.” Fu la risposta di Laguna. “Ho lasciato lì bagagli e auto, dato che sono di passaggio. Resto sì e no una settimana.”
“Ma perché resti sempre così poco?” protestò Emmett. “Una settimana è così... così... poco! Quanto più che hai fatto l’uccel di bosco per un decennio!”
“Em, è la dura vita di chi ha un lavoro come il mio.” Rispose Laguna. “Non si ha realmente il tempo di stare con la famiglia, si può essere chiamati in qualunque momento. E non posso rifiutare, visto che sono quei tre vecchiacci a pagarmi i conti.”
“Vuoi dire che i Volturi ti pagano?” intervenne Jacob, sorpreso. “E per fare cosa?” la squadrò da capo a piedi, prendendo nota di altezza e corporatura: possibile che quella specie di scricciolo, poco più alta di Alice e di certo non più in carne della nanerottola pestifera, avesse all’attivo davvero tutto quello che gli avevano raccontato?
“Bah, dipende. Passo dal fare la ladra all’assassina, il boia, torturare, o semplicemente avvertire. Ma di solito mi mandano a ripulire, togliere di mezzo possibili minacce, come teste calde che mettono su eserciti oppure comunità troppo numerose che possono diventare un pericolo. Quello che serve.” Concluse, con un’alzata di spalle.
“Ok. Adesso basta chiacchiere e andiamo a recuperare i tuoi bagagli!” interruppe Alice, spingendo Laguna via dal portico.
“Ehi! Guarda che io quella stanza in albergo l’ho presa per tutta la settimana!”
“Vuol dire che disdici! Sul serio, perché l’hai presa?” insisté Alice. “Torniamo subito!” aggiunse, voltandosi verso gli altri, ancora sul portico.
“Hai davvero bisogno di chiederlo?” chiese Laguna, scoccando ad Alice uno sguardo glaciale, mentre l’altra la spingeva quasi a forza nella Porsche. “Sul serio, Alice. Credi davvero che io potessi prendere e... che so, piazzarmi in casa come se niente fosse?” continuò, mentre Alice metteva in moto, allontandosi dalla casa e partendo in direzione di Port Angeles.

Erano rimaste in silenzio per qualche minuto, mentre il paesaggio sfilava veloce fuori dai finestrini.
“Non è vero che non hai mai controllato la posta, elettronica o cartacea che fosse. O sbaglio?” Alice ruppe il silenzio. Laguna non rispose. “So che hai letto tutte le mie e-mail. E anche quelle di Emmett. Sono sicura che hai cestinato senza aprirle quelle di Edward. Ma quelle di Carlisle le hai lette per forza, dato che sei riuscita a trovarci. O sbaglio?”
“Potrei essermi fatta dare l’indirizzo da Mario o uno degli altri assistenti. D’altronde, il vostro amico peloso... non guardarmi così, credi che non riconosca un licantropo dal puzzo di cane bagnato?” chiese, in risposta allo sguardo sorpreso di Alice. Non le ci era voluto molto per capire cosa fosse Jacob. “Dicevo, il vostro amico peloso, quel ragazzino, ha fatto capire che il trio delle meraviglie ha schiodato i loro sederi grinzosi da Volterra e s’è venuto a fare un giro nel Nuovo Continente. Cosa li ha attirati fino a qui? Fino a voi?” indagò. “E soprattutto, perché non dirmelo?” aggiunse, più per sé che per Alice.
“Non sai nemmeno della nostra visita a Volterra, vero?”
A quell’uscita, Laguna sobbalzò sul sedile. “Come, dove, quando e soprattutto che cazzo ci facevate a Volterra?”
Alice scosse la testa. “Davvero nessuno ti ha detto nulla?”
“No! Alice, posso?” chiese. Alice annuì. Laguna chiuse gli occhi, concentrandosi sulla mente di Alice. Per molti versi, odiava il suo potere. Odiava poter entrare nella testa della gente e scoprirne tutti i ricordi. E odiava non poter dimenticare nessuno dei propri. Sospirò, mentre nella sua testa cominciavano ad arrivare i ricordi di Alice. Nel corso degli anni, aveva fatto abbastanza pratica da essere in grado di arrivare subito a quello che voleva, soprattutto avendo dei riferimenti. Ancora meglio quando la persona che stava ‘sbirciando’ era consapevole di cosa stesse facendo e le forniva qualche indizio, magari ricordando per conto proprio. E Alice era sempre stata molto disponibile, in questo senso. Laguna si limitò a vedere quello che le serviva e che Alice le forniva, senza girarci troppo intorno.
“Tuo fratello è un idiota.” fu il suo unico commento. “Comunque, capisco perché non mi hanno detto niente riguardo le sue manie suicide. Temevano che potessi accontentarlo.”
“Sicura?” sorrise Alice. “E... hai visto anche il resto? La seconda visita?” chiese.
“Sì”, sospirò Laguna. “Ed è strano che non mi abbiano avvertita, te l’ho detto. Di solito, faccio parte dei carnefici... era una soffiata su una probabile Bambina Immortale, Alice. Se la bambina fosse stata davvero una Immortale, sareste state condannati a morte. E Aro si diverte molto a farmi fare il boia.” Spiegò. “Forse volevano evitarmi il dispiacere di ammazzare la mia famiglia, o temevano potessi cambiare fazione e schierarmi con voi... non lo so”, sospirò di nuovo. “E, ti dirò, non voglio saperlo.”
Alice ridacchiò, per poi tornare seria in meno di un secondo. “Se avessi ricevuto gli inviti, saresti venuta al matrimonio?”
Laguna rimase in silenzio, continuando a guardare fuori dal finestrino. Ci sarebbe andata? Sarebbe stata lì, con loro, a guardare Edward finalmente felice?
“No”, rispose, chiudendo gli occhi. “Non sarei venuta, Alice. Forse avrei mandato un regalo orribile, tipo una di quelle lampade antropomorfe, o che ne so, delle lenzuola con dei canguri tristi disegnati sopra, ma non sarei venuta.”
Alice sospirò. “Lo immaginavo. Posso chiederti perché?” chiese Alice, parcheggiando davanti all’albergo.
“Puoi chiedere. Ma io non so rispondere.” Rispose Laguna, scendendo dalla macchina.
“Come fai a non saper rispondere?” insisté Alice, mentre Laguna raggiungeva la scrivania della reception e informava l’addetta del cambio di programma nella sua prenotazione.
“Non lo so, Alice.” Sibilò Laguna, riprendendo a parlare con la receptionist.
Sistemata la questione, con l’intervento provvidenziale di Alice nella forma di qualche foglietto verde con su stampato il volto di qualche presidente che Laguna finse di non vedere, le due raggiunsero la stanza di Laguna, per recuperare i bagagli che Alice aveva avuto tanta voglia di ispezionare poco prima.
“Sei praticamente corsa da noi, vedo”, disse Alice, sedendosi sul letto a gambe incrociate, aprendo una delle valige ancora chiuse. “E ti sei portata dietro questa maglietta orribile!” aggiunse, senza darle il tempo di rispondere, estraendo dalla valigia la maglietta dei Megadeth che aveva sperato mancasse all’appello. Laguna sorrise.
“Sul serio, Alice, davvero vuoi esaminare i miei bagagli? Credevo che venire qui fosse una scusa.”
“Lo è, infatti.” Rispose lei, angelica, continuando a scavare nella valigia.
“E per cosa? Abbiamo già esaminato la questione, giusto tre secondi fa: non sarei venuta al matrimonio di tuo fratello. E non so darti una risposta precisa sul perché.”
“Non era solo per questo. Bella sa.” La piccola vampira, intanto, continuava il suo esame, storcendo il naso a quasi ogni maglietta che si ritrovava tra le mani.
“Bella...? La moglie di tuo fratello sa? Cosa sa, Alice? La tua affermazione è alquanto ambigua. Per quel che ne so, Bella potrebbe sapere qual è l’ingrediente segreto della torta di mele della nonna...” finse di scherzare Laguna, ben sapendo, invece, a cosa si riferisse Alice.
“Non scherzare. Hai capito.” Con uno scatto secco, Alice richiuse la valigia, per niente soddisfatta di quello che vi aveva trovato.
“E quindi, ora hai capito perché avevo deciso di prendere una stanza in albergo. Come pensi che sia possibile tenerci nella stessa casa senza problemi?”
“Pfft! Bella è una pacifista, sta’ tranquilla!” Alice liquidò la questione in maniera piuttosto sbrigativa.
“Lei potrà anche essere una pacifista, ma...”
“Non fasciarti la testa prima di rompertela.” La interruppe Alice.
“Potrebbe spaccarmela lei, Alice. Non è ancora passato un anno dalla sua trasformazione. Tecnicamente, è ancora abbastanza forte da potermi sorprendere.” Ragionò Laguna.
Alice incarcò un sopracciglio. “Sorprendere un ufficiale della Guardia, nonché Addestratore?”
Questa volta, Laguna sorrise. “Alice, avete praticamente spiazzato un esercito, qualche mese fa, a quello che mi hai fatto vedere. E molti di quelli erano dei miei, per cui...” concluse, con un’alzata di spalle. “Sei proprio sicura che non c’è problema...?”
“Tranquilla! Ora, carichiamo quella tua bella Aston Martin e torniamo a casa.”



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ora potete sparare. E non fate finta di niente, le ho viste le doppiette a canne mozze che nascondete dietro la schiena!

Edited by E.asiuL - 29/10/2012, 13:08
 
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Nevermore.
CAT_IMG Posted on 26/7/2012, 20:48




toc toc! Io intanto ho anche il secondo capitolo.
Boss, torna, sta storia aspetta a te! XD


2 – Failing

Yeah, like a bruise that doesn’t fade
Yeah, like a memory that tortures your soul until your dying day
Yeah, like the life you couldn’t save
You couldn’t feel love?
You couldn’t take the pain?

(Staind - Failing)

“Vuoi portare le valigie dentro?” chiese Alice, una volta che ebbero parcheggiato le auto in garage.
“No. Non subito, almeno. Non c’è fretta, no?” rispose Laguna, chiudendo l’Aston e infilando le chiavi nella tasca anteriore dei jeans. Prima di lasciare l’albergo, aveva convenuto con Alice che forse era meglio se si cambiava d’abito, dato che l’uniforme avrebbe potuto provocare altre reazioni poco piacevoli, come quella di Jacob. Per cui, sotto consiglio di Alice, Laguna aveva optato per un paio di jeans scuri, un vecchio maglione – troppo vecchio, secondo la piccola Cullen, non abbastanza secondo Laguna – che le scivolava continuamente da una spalla, con sotto una canotta nera, a salvare la sua modestia medievale. L’unica cosa su cui Laguna non era voluta scendere a compromessi, erano gli stivali. Avevano certamente conosciuto tempi migliori, ma erano comodi come una vecchia pantofola ed avevano una piccola modifica: una sorta di fondina interna in cui portava il suo pugnale, compagno di tante battaglie sia da umana che no. Sospirando e scuotendo la testa, Alice si era dovuta arrendere e concederle di tenere gli stivali. Altra cosa su cui la vampira più piccola non l’aveva avuta vinta, era stata la treccia severa in cui Laguna costringeva i capelli. Alice avrebbe preferito scioglierli, o almeno una coda di cavallo, ma, di nuovo, Laguna l’aveva guardata più che male e l’aveva spuntata.
“Come vuoi.” Rispose Alice, con un’alzata di spalle, precedendola verso l’ingresso posteriore della casa. “E le chiavi dell’auto potevi lasciarle in garage, sai?” aggiunse, ridacchiando.
“Colpa dell’abitudine.” Si giustificò Laguna, concedendole un sorriso, mentre Alice apriva la porta, annunciando gioiosamente il loro ritorno. Quando cominciò a sentire rumore di passi nella loro direzione, Laguna controllò nervosamente che la corposa ciocca di capelli che le copriva la metà destra del volto fosse al suo posto, a nascondere la cicatrice che le partiva dalla fronte e le arrivava allo zigomo.
Prima che se ne potesse accorgere – e potesse sfuggirgli – si ritrovò stritolata da Emmett, che la sollevò di almeno una trentina di centimetri dal pavimento.
“Ouff! Mettimi giù!” si ribellò, cercando di sfuggire allo stritolamento.
“Dato che sei in borghese, posso permettermi di farlo!” ribatté lui, però obbedendo. “Ecco, ora che hai tolto quello stupido mantello, va molto meglio! Bentornata, zietta.”
Laguna scosse la testa sorridendo, allontanandosi di un passo.
“Che dici, Em, ce ne lasci un pezzo?” intervenne Rosalie, alle sue spalle. Quasi tutti ridacchiarono. “Scherzi a parte, è bello riaverti, ogni tanto.”
Laguna si limitò ad annuire, venendo poi passata un po’ tra tutti per abbracci, baci e saluti. In disparte, in un angolo della cucina, poteva vedere Jacob, il ragazzotto che puzzava di cane, che la guardava male, soprattutto quando, dal gruppo, si staccò Edward, conducendo quella che, dai ricordi di Alice, Laguna supponeva essere Bella e, con in braccio, una bambina.
Sembrò che tutti trattenessero il fiato, mentre Edward le si avvicinava, in attesa di chissà quale reazione da parte di uno dei due, o magari una scenata da parte di Bella. D’altronde, come le aveva detto Alice, lei sapeva.
“Lagu.” Salutò, un po’ rigido, Edward, fermandosi a un paio di passi da lei. Laguna storse il naso, appena un po’ delusa. Certo, dopo che lo aveva cacciato senza tanti complimenti da casa sua, poco mancandoci che lo spedisse in aeroporto per direttissima con un calcio nel sedere, di certo non si aspettava abbracci, baci e lacrime di gioia. Ma un ghiacciolo con un stoccafisso su per il sedere...
“Eds.” Ribatté lei, nello stesso tono. Accanto a Edward, Bella si schiarì la gola.
“Lei è mia moglie, Bella.” continuò Edward. Bella abbozzò un sorriso, e le tese una mano.
“Laguna.” Rispose lei, stringendo la mano che Bella le offriva. “Mi dispiace di non essere venuta al matrimonio. Alice sostiene di avermi riempito di inviti, ma evidentemente devono essersi persi per strada.” aggiunse, con un’alzata di spalle.
“Non ti preoccupare, può capitare.” Rispose, molto civilmente, Bella. Intanto, la bambina, ancora appollaiata fra le braccia di Edward, la guardava interessata e concentrata, come se stesse cercando di far combaciare qualche tessera di un puzzle che, in realtà, non era nell’ordine giusto. Poggiò una mano sulla guancia del padre, corrugando le sopracciglia, al che Edward annuì.
“Esatto, Nessie.” Mormorò. Laguna sollevò un sopracciglio. Nessie? L’aveva chiamata come il mostro di Loch Ness? Quanto amore paterno! Questa volta, fu il suo turno di schiarirsi la gola. Cogliendo l’indizio, Bella intervenne.
“Lei, invece, è Renesmee.” La presentò. Laguna sorrise alla bambina.
“Ciao Renesmee. Hai un bel nome, sai? Scommetto che l’ha scelto la mamma, non è così?” le chiese, facendole l’occhiolino. Renesmee annuì energicamente, sorridendo alla sua nuova conoscenza.
“Però è difficile.” Rispose la bambina. “È lungo.” Aggiunse, come spiegazione. “Per questo Jake mi chiama Nessie.” Spiegò ancora, voltandosi tra le braccia del padre, per indicare Jacob. Laguna seguì con lo sguardo l’indicazione della bambina, annuendo.
“Capisco. Non ti preoccupare, anche il mio nome è lungo. Forse più del tuo.” A quella risposta, Renesmee spalancò gli occhi, incuriosita. Edward cominciò a sciogliersi un po’, e con lui anche Bella. “Vuoi sentirlo tutto?”
“Sì!” rispose entusiasta la bimba. “Per favore.” Aggiunse, moderandosi.
“Va bene. Tieniti forte, mi raccomando.” L’avvisò, fingendo una faccia seria. “Il mio nome, tutto, per intero, è: Magdalena Eva Elizabeth Blake. Ma siccome mi sei molto simpatica, piccola Renesmee, puoi tranquillamente chiamarmi Laguna. Papà, invece, che mi è meno simpatico...” aggiunse, facendo di nuovo l’occhiolino alla bambina. “...lo costringiamo a chiamarmi Miss Blake, che ne dici?”
Renesmee rise di gusto. “Sì!” esclamò, battendo le mani.
“Io ho un’idea migliore!” intervenne Jasper. “Potresti far pesare il grado!”
“Pft! Non vale la pena! E poi, hai sentito Em, prima, sono in borghese.” Ribatté Laguna, voltandosi verso Jasper, con un’alzata di spalle. “Far pesare il grado non servirebbe a un tubo. Con lui soprattutto. Non è dei miei. E, credimi, Jas, nemmeno ce lo vedo.” Concluse, squadrando Edward da capo a piedi.
“Tsk! Ho ricevuto un’offerta dai tuoi capi, sai?” ribatté Edward, passando Renesmee a Bella. La tensione si era spezzata, e ora sembrava di essere ai vecchi tempi, quando si prendevano in giro tra di loro.
“Ah sì?” Laguna si puntò le mani sui fianchi, e inarcò un sopracciglio. “Solo perché sei un Lettore, Eds. Un fiorellino delicato da proteggere. Non resisteresti ad una settimana di addestramento, Beethoven. Sai, vero, che me li fanno...” Laguna si bloccò prima di dire che le facevano uccidere le reclute che non superavano la prima settimana, spostando lo sguardo su Renesmee. “...me li fanno mandar via con i piedi avanti?” riformulò, riferendosi al costume di portare il feretro in modo che il defunto fosse con i piedi rivolti alla porta. Edward corrugò la fronte, incerto sull’aver capito o meno. Poi capì.
“Oh. Caspita.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire. “Davvero credi che non riuscirei a passare la prima settimana?” chiese, poi, incredulo.
“Non se capiti fra i miei. Magari con Derry hai più possibilità.” Rispose Laguna, con un’alzata di spalle, riferendosi al cognato. Derek era molto meno severo di lei, come addestratore. “Possiamo evitare di parlare di quei tre vecchi uccellacci e dei loro tirapiedi, grazie?”
“Tu sei una dei loro tirapiedi.” Intervenne Jacob, ancora dall’altro lato della stanza.
“Mi pagano.” Ribatté Laguna, con un’alzata di spalle, come se non ci fosse niente di male nel suo lavoro. “È un lavoro come un altro. E non credo di dover dar conto a un ragazzino di cosa faccio per pagarmi le bollette. O no?” continuò, incrociando le braccia. Il maglione le scivolò di nuovo, scoprendo il tatuaggio che aveva sulla spalla destra. Una rosa nera.
“Sai?” continuò Jacob. “Avevo sentito parlare della Rosa Nera. Ovviamente, ne avevo sentito parlare male...”
“Lieta di sentirlo. Mi ci sono voluti secoli per farmi una pessima reputazione.” Lo interruppe Laguna, con un sogghigno.
“Ho fatto qualche ricerca, e ho trovato qualcosa anche nelle cronace del Quattrocento, su di te.” Continuò lui. Laguna sospirò.
“Vuoi davvero parlare della Rosa Nera, adesso?” gli chiese. “Senti, capisco che ti sono antipatica a prescindere perché sono i Volturi a pagarmi lo stipendio, e, a quanto mi ha raccontato Alice, non siete in buoni rapporti con quei tre idioti.” Davanti alla faccia stupita di Jacob, Laguna ghignò. “Sì, lavoro per loro, ma questo non vuol dire che io creda che il sole sorga e tramonti dal loro fondoschiena. Sono tre vecchi idioti che scaldano malamente tre troni in una stanza, a prendere polvere come vecchi soprammobili che non piacciono né piaceranno a nessuno. Non gli sono grata per avermi dato un lavoro, e perché l’ho mantenuto negli ultimi seicento anni. Non gli sono grata di niente, forse solo di non tenermi rinchiusa, né me, né mia sorella, in quella loro cavolo di torre, a marcire insieme a loro. Vuoi vuotare il sacco sulla Rosa Nera? Fallo pure, tanto loro...” e indicò i Cullen. “...sanno tutto. Al massimo, spaventi Bella e Renesmee.” Concluse, con un’alzata di spalle. “E, per la cronaca, anche tu mi stai sulle palle, ragazzino. L’antipatia è reciproca. Vediamo solo di non ammazzarci tra di noi, e una settimana passerà in fretta.”
Jacob batté più volte le palpebre, sbigottito. Ma si riprese in fretta. “Dici che sanno tutto?” chiese, in tono di sfida.
Laguna incrociò le braccia, poggiandosi di spalle contro il piano della cucina. “Credimi, sanno tutto. Da quando sono nata fino ad almeno una decina di anni fa. Ora, non mi sembra di aver fatto niente di sconvolgente negli ultimi dieci anni, per cui risparmia il fiato.”Rispose Laguna, tranquilla. Non valeva la pena arrabbiarsi con una testa calda del genere, convinto che quelli come lei fossero tutti uguali a prescindere. “Se vuoi stupirli, caschi male. Per cui, ti ripeto, se proprio vuoi far arieggiare le tonsille, fallo pure. Ma non spaventare la bambina.” Aggiunse. Intanto, Emmett e Jasper si erano spostati accanto a lei, quasi come a voler dimostrare a Jacob da che parte stavano: se lui faceva un passo, loro avrebbero attaccato. Laguna si spostò da loro, facendo un passo avanti, facendo loro capire che la protezione non era necessaria e che se la sarebbe cavata da sola. Se lo aspettava, da loro, che intervenissero. D’altronde, erano entrambi dei giganti, Emmett soprattutto, rispetto a lei. Emmett l’aveva sempre presa in giro, dicendo che avrebbe potuto mettersela in tasca. Quello che non si aspettava, era che intervenisse Bella.
“Jacob, smettila. Sei scortese. Laguna non ti ha fatto niente.” Lo redarguì. “Sarà anche vero che lavora per loro, ma non è come loro.”
“E allora perché non era con noi, contro di loro, Bella?” sbottò il licantropo. “Scommetto che era nascosta sotto il suo bel mantello, tra le loro fila, pronta a dare l’ordine ai suoi di attaccarci. E adesso fa finta di venire qui, magari a conoscerti!”
“Alice, dammi la data.” Fu l’unica risposta di Laguna. “Voglio sapere la data precisa, al secondo in cui l’esercito è arrivato da voi.” La risposta le venne fornita da Esme, precisa come era stato richiesto. Laguna annuì, chiudendo gli occhi, stringendosi la radice del naso fra pollice e indice della destra. Aprì gli occhi di scatto, fissando Jacob. Il ragazzo barcollò, facendo un passo indietro, come se fosse stato colto alla sprovvista da una folata di vento aprendo una porta. Spalancò gli occhi e, riguadagnando stabilità cominciò ad arretrare, un passo indietro ad ogni passo in avanti che la vampira faceva. Davanti agli occhi non aveva più la cucina di casa Cullen, ma una scena diversa: un sotterraneo umido e che puzzava di muffa e stantio, una cella, sì, era una cella. E lui c’era dentro. Volendo, avrebbe potuto spaccare le porte che lo muravano vivo in quelle quattro mura puzzolenti, ma a che sarebbe servito? Avrebbe finito col meritare una punizione maggiore, magari sopportare un altro giro di tortura...
Jacob scosse la testa. Quelli non erano suoi pensieri. Non erano suoi ricordi... erano di Laguna?
“Ecco. Adesso sai cosa stavo facendo quando l’esercito era qui. Scontavo la mia pena per aver... aehm... permanentemente incapacitato uno dei membri del personale che aveva fatto un commento di troppo. E poi, non avevo la minima idea di cosa stessero covando. Se l’avessi saputo, credimi, non sarebbero riusciti a vedere l’esterno delle mura di Volterra.” Spiegò Laguna, incredibilmente seria.
“Co-cos’era?” chiese Jacob, ancora titubante. “Cosa ho visto?”
“Ricordi. I miei, per la precisione.” Rispose lei. Poi, davanti all’espressione perplessa del ragazzo, aggiunse “Posso vedere i ricordi altrui e mostrare ad altri i miei o quelli degli altri. Diciamo che è più facile a vedersi che a dirsi.” Concluse, con un’alzata di spalle.
“Per cui, entri nella testa degli altri e ne scopri tutti i ricordi? C’è ancora meno privacy che con Edward, in pratica.” Sbottò il ragazzo. Laguna sorrise.
“Eds è un principiante. Lui ti entra nella testa suo malgrado. Dopo seicento anni di pratica, credimi, se non voglio entrare nella testa di qualcuno, non ci entro.” Spiegò lei.
Bella scoppiò a ridere all’improvviso. “Edward, ti ha appena dato del novellino. È la prima volta che sento qualcuno dire che Edward non sa fare qualcosa.” Insieme alla madre, anche Renesmee rise.
“Credimi, Bella. Tuo marito non sa fare un sacco di cose. Solo che si vanta talmente di quelle quattro sciocchezze che sa fare, che oscura tutto quello in cui non riesce. Per esempio, non sa disegnare. Ma nemmeno se ne dipendesse la sua vita.” Disse Laguna, ringraziando mentalmente la sua buona stella per Bella e la sua deviazione dall’argomento. E poi, prendere in giro Edward era un classico.
“Pft!” l’interessato roteò gli occhi. “Per forza! Se usiamo te come metro di paragone! Quante scuole e accademie hai frequentato?” si difese.
“Non è colpa mia se non sei capace di tenere in mano una matita, Cullen!” rimbeccò Laguna. Intanto, Renesmee ridacchiava, coprendosi la bocca con la mano. “Ehi, Renesmee, hai notato anche tu l’incapacità di papà?”
Per tutta risposta, la bimba annuì vivacemente. “Ha cercato di insegnarmi, ma non è bravo. È più brava nonna Esme.” Rise.
“Guarda, se ti va, questa settimana che sto qui cerco di insegnarti qualcosa io, ok?” si offrì Laguna, guadagnandosi un’occhiataccia di Jacob, zittito da Bella, ancor prima che potesse aprire bocca.
“Sì!” squittì eccitata la bambina, praticamente saltando dalle braccia della madre a quelle di Laguna.
“Wow! Quanto entusiasmo!” rise Laguna, ritrovandosi il volto della bimba a pochi centimetri dal proprio e una manina sulla guancia. La risata si spense in un attimo, quando, involontario, arrivò un ricordo.

Un vicolo buio. Pioggia. Un bambino non suo fra le braccia. Si agita. La tocca. Piange. Urla.
“Quale vita conta di più, per te, Rosa Nera?”
“Hai bisogno di chiedermelo?”
“Sarai in grado di guardarlo, poi?”
“I conti con la mia coscienza li faccio da me.”
E poi la piccola gola sanguina. E poi il piccolo cranio si scontra con un muro di mattoni viscido.


E Renesmee pianse, mentre Edward, l’unico ad essersi ‘goduto’ la scena, riprese la bambina, per calmarla.
“Cosa le ha fatto?” ringhiò Jacob.
Cristo...” Laguna si coprì il volto con le mani, allontanandosi, mentre tutti si assiepavano intorno alla bambina. Non aveva nessuna intenzione di mostrare un ricordo del genere alla bambina, per niente! Era stato quasi un riflesso automatico, come se la sua mente avesse associato il gesto di Renesmee a quello. Si appoggiò di nuovo di spalle al piano della cucina, le dita premute contro gli occhi.
“Io lo avevo detto che era cattiva!” di nuovo la voce di Jacob. Suo malgrado, Laguna si ritrovò a dargli ragione. Lei era cattiva. Lei era un mostro. Lei era una fottuta assassina, per l’amor del Cielo! Lei era quella che aveva addestrato parte dell’orda di mantelle che li stavano per attaccare qualche mese prima, era giusto che pensassero di lei che era cattiva. Che era un mostro.
Il mostro dei mostri.

“Sono un mostro, come fai a volermi ancora?”
“Perché non sei un mostro. Sei tu.”
“Certo, come no. Non sono un mostro... mi limito a dissanguare persone per sopravvivere.”
“Capirai la differenza con quello che facevamo prima. Eravamo assassini, se te lo sei dimenticato. Ci guadagnavamo il pane, in questo modo.”
“Ma...”
“Niente ma. Alla fine, continui a uccidere per mangiare. Fa differenza cosa mangi?”
“Sono persone!”
“Non lo erano, prima?”
“Sì.”
“E allora? Ho ragione o ho ragione?”
“Hai ragione... renditi conto che giustifichi l’omicidio.”
“Per forza, Lagu. È pur sempre il mio mestiere...”


Era il suo mestiere. Lo era sempre stato. Da quando aveva dodici anni, ad ora, che di anni ne contava seicentoventuno. E nessuno dei volti era stato dimenticato. Erano tutti fantasmi che infestavano quel che restava della sua anima, tutti, dal primo all’ultimo. Dal primo paio di occhi sbarrati, dalla prima espressione sorpresa, dalla prima gola tagliata, fino all’ultima. Passando per l’unica vita che non era riuscita a troncare e che aveva sempre cercato di salvare, inutilmente. Il suo unico, grande fallimento, che le si era ritorto contro.
Perché non si può fare un lavoro del genere quando si ha qualcuno da cui tornare, no? Ma il problema, adesso, non si poneva più. Lei qualcuno da cui tornare non ce l’aveva più.
L’unica vita che aveva voluto salvare. L’unica vita che le avevano strappato.
A che era servito uccidere quel bambino, come prezzo per quell’unica vita? Niente.
Aveva fallito una sola volta, ed era stata di troppo. Per questo, ora, avrebbe saldato il suo debito. Avrebbe pagato il prezzo di quel fallimento. Ora, passati i sette giorni che si era presa per sé e per salutare la sua famiglia, sarebbe venuto il turno anche per il suo corpo, di morire. Come aveva fatto la sua anima seicento anni prima.
I fallimenti si pagano. Sempre.
 
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CAT_IMG Posted on 18/11/2012, 23:56




mi sono ricordata che ho qualche immagine che volevo farvi vedere (vecchia e nuova) nel mentre che finisco il terzo capitolo:

questa è appena fatta: 1

questa è di oggi pomeriggio, invece: 2

3

questa è più vecchiotta: 4

5

6

7

 
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Eventual‚
CAT_IMG Posted on 20/11/2012, 17:09




CITAZIONE
Al Boss, che si depila la lingua.
E non lo stomaco.
Danke.

Cos'è, una specie di dedica?
Ma dico, ci mancherebbe xD
Ahahaha e per la cronaca, la mia lingua non me la depilo, esattamente come lo stomaco ;)
Sparo a mitraglietta tutto quello che dico, e vedo che è servito **

Mi piace Lu, va moooooooooooolto meglio.

CITAZIONE
“Esatto, Nessie.” Mormorò. Laguna sollevò un sopracciglio. Nessie? L’aveva chiamata come il mostro di Loch Ness? Quanto amore paterno!

Ti giuro che mi stavo rotolando per terra dal ridere.
In UFFICIO.

In UFFICIO!!! Non so se è chiaro. -.-


Ora, a parte gli scherzi.
Va mille volte meglio.. mille Lu.

I discorsi sono più scorrevoli, le descrizioni più dettagliate e non appensantite... insomma, meglio :)

Laguna vedo con piacere che è sempre lei, lingua fortunatamente più tagliente che mai e tanti, tristissimi ricordi..

Sì, mi piacciono anche le piccole modifiche che hai apportato alla vicenda..
in sintesi, VAI AVANTI COSì.


E scusami se non sono riuscita a leggerlo prima, ma sono sempre sempre impegnata -.-

Ancora brava **
 
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CAT_IMG Posted on 20/11/2012, 17:13




grazie boss!
la lingua la depili, perché, sparando quello che pensi, mostri di non avervi pelo xD
ti prego, non farti cacciare dall'ufficio perché ridi, perché pianifico un altro paio di pezzetti da ridere :)
Laguna questa volta viene presentata un po' diversamente, cerco di renderla un po' più "cattiva" ma non troppo

"a breve" dovrebbe arrivare il terzo... forse
 
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CAT_IMG Posted on 20/11/2012, 17:15




Oddio che Gaffe o.o aahahaha scusami, sono molto molto rincoglionita ultimamente...

Pardon xD


Attendo con gioia il terzo **
 
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CAT_IMG Posted on 20/11/2012, 18:58




appena riesco a decidere tra due opzioni, lo finisco :)
poi con calma ti senti le varie canzoni associate :)
 
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CAT_IMG Posted on 21/11/2012, 10:48




Certo... ecco magari riusciresti a mandarmi un mp con tutti i titoli? Così me le scarico appena ho un secondo xD
 
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CAT_IMG Posted on 21/11/2012, 11:11




boss, ci sono i link a inizio di ogni capitolo :)
 
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CAT_IMG Posted on 21/11/2012, 11:12




Era per non cercare tutto xD
Lo so lo so, sono una sfaticata u.u

Cercherò ;)
 
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CAT_IMG Posted on 21/11/2012, 11:36




ahahahah le canzoni posso anche mandartele via mail, o, se non sono troppo pesanti e me le allega, via mp
Comunque, sono:

Kidney Thieves - Before I'm dead
Staind - Failing
e ti anticipo la prossima:
Lacuna Coil - End of Time
 
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Eventual‚
CAT_IMG Posted on 21/11/2012, 14:01




Grazie ;)
 
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CAT_IMG Posted on 24/11/2012, 23:33




prego :)
dimenticavo: nel primo capitolo, c'è una battuta Emmett/Laguna che speravo si cogliesse, forse non ci hai fatto caso, quando parlano degli inviti non arrivati e Laguna dice di dover "fare una bella chiacchierata con Mario" e Emmett, chiedendo se magari Mario è il suo amante, immagina che faccia l'idraulico e abbia i baffi, e Laguna aggiunge che magari ha un fratello che si chiama Luigi e un'ossessione per i funghi...
non suona nessun campanello? xD
non è difficile xD
 
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CAT_IMG Posted on 1/12/2012, 17:21




Certo, parli di super mario bross? ;)
se non intendevi quello, sono più rincoglionita del previsto
 
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CAT_IMG Posted on 1/12/2012, 20:13




esatto! xD non so nemmeno come m'è venuta, ma ci stava XD
 
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31 replies since 23/4/2012, 23:19   252 views
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